Pasta madre, pasta acida, lievito madre, lievito naturale. Sono solo alcuni dei nomi con cui viene chiamata quella che per me, ormai da mesi, è diventata una vera e propria passione al punto che ogni tanto mi viene da chiedere: come ho fatto tutti questi anni a vivere senza pasta madre? Senza il gusto unico di pizza, pane, grissini o crackers fatti con essa?
La pasta madre è un impasto mai uguale, vivo in tutti i sensi, in cui numerosi batteri e fermenti lattici si sviluppano producendo anidride carbonica, alcol etilico ed altro, conferendo all’impasto un odore lievemente acido con profumi che richiamano a momenti il mosto in fermentazione, a volte lo yogurt, il miele, la mela verde ed altro.
Si ha traccia dell’utilizzo della pasta madre già in antiche civiltà, dove l’impasto acido spontaneo si usava per rendere il pane più fragrante. La mia pasta madre, risale al 2013, veramente giovane se comparata con altre che vengono tramandate da generazioni, ma piuttosto che chiederla in regalo mi sono voluta cimentare nel “crearla”.
Non è stato facile, il primo mese è stato come crescere un bimbo, c’è voluta molta pazienza ma adesso le cose si sono semplificate. I batteri ed i fermenti del lievito madre debbono essere tenuti in vita, alimentati, nutriti con farina e acqua, ma l’esperienza acquisita, anche se non è mai abbastanza, mi permette di tenerla al meglio in frigorifero, “rinfrescandola” solo una volta a settimana, quando con il surplus faccio i miei manicaretti da forno.
La pasta madre è certamente è in grado di apportare ai prodotti da forno, dolci o salati che siano, aromi e sapori particolari e di renderli digeribili oltre che, come nel caso del pane, di farli conservare più a lungo ed in ottimo stato.
In un prossimo post voglio insegnarvi come “crearla” e soprattutto mantenerla viva.